Il Grande Inganno di Red Bird: il Milan è la sua mucca da mungere, ci sono 100 milioni da spendere ma Cardinale preferisce tenerseli (e ne spende 100 in "servizi")
Nel rispetto del FPF il Milan è da tempo in condizione di investire sul mercato: e non aveva alcun bisogno di cedere Tonali. Ma ora la tirchieria degli americani rischia di trasformarsi in un harakiri
Ai tifosi del Milan non farà piacere, ma c’è una cosa che devono sapere: il Milan un anno fa avrebbe potuto tranquillamente tenere Tonali e allo stesso tempo acquistare sul mercato, proprio come fece ma senza bisogno di vendere il suo uomo-squadra, Pulisic e Reijnders a 20 milioni e Loftus-Cheek a 18,9 senza che nulla cambiasse a livello di bilancio, usando i soldi che erano nella sua disponibilità e rispettando i parametri UEFA. E in ogni caso, visto che Tonali fu invece venduto: il Milan quest’anno avrebbe potuto permettersi di acquistare (faccio un esempio) Osimhen dal Napoli anche spendendo 90-100 milioni. I soldi c’erano e ci sono ancora. E insomma è giunto il momento di cominciare a dire che il club rossonero, che la proprietà americana a dispetto della narrazione buonista dei media italioti ha letteralmente preso in ostaggio, ha il diritto - oltre che i requisiti - di tornare a comportarsi da grande club come la sua storia e il suo stato di perfetta salute finanziaria di oggi gli consentono di fare. Cominciando a comprare campioni e non mezzi giocatori. E tornando ad essere il Milan, non qualcosa che vagamente lo ricorda.
È una brutta storia quella che sto per raccontare ai tifosi dell’unico club (Real Madrid a parte) che può vantare 7 Coppe dei Campioni nella sua bacheca. Una storia odiosa. Perchè da una parte c’è una tifoseria di milioni di persone sparse in ogni angolo del pianeta che da anni viene frustrata nella legittima aspettativa di vedere il Milan - secondo club più titolato al mondo - tornare a rivivere i fasti di un tempo; e dall’altra c’è una proprietà americana, Red Bird (o se preferite una comproprietà: Red Bird-Elliott) che dopo avere rilevato l’AC Milan lo tratta come un’azienda da cui mungere soldi e non come un club nato “anche e soprattutto” per fare calcio, produrre risultati sportivi e conquistare trofei (che poi sarebbe il modo migliore per mungere dalle sue mammelle ancora più soldi). Ma loro, Gerry Cardinale di Red Bird, il fondo Elliott che gli ha prestato i soldi e che aspetta la restituzione di 700 milioni e i dirigenti-soldatini di casa Milan, in primis l’immarcescibile presidente Scaroni e il rampante (una volta si sarebbe detto: lo yuppie) ad Furlani, del Milan se ne fregano: e con un’ottusità degna di miglior causa lo trattano come un’Udinese o un Verona qualsiasi (detto con tutto il rispetto per l’Udinese e il Verona) senza nemmeno accorgersi di andare incontro all’harakiri del secolo: fare implodere il Milan in stile Colosso di Rodi - sta già accadendo - dopo averlo ridotto a un’accozzaglia di giocatori sempre più confusi e allo sbando cui sarà difficile, nelle condizioni in cui il club si ritrova, ottenere la qualificazione alla prossima Champions League. Innescando così una valanga che alla fine travolgerà prima di tutto loro, i cinici, miopi, sprezzanti dirigenti americani - e non solo americani - del sempre più sventurato Milan di oggi.
Domanda: state per caso ancora pensando a Tonali, a Osimhen e ai 100 milioni di cui parlavo a inizio articolo? Beh, ora vi spiego tutto. Cominciando col dire che il Milan, che ha chiuso il bilancio 2023-24 con 4,1 milioni di utile e un fatturato record di 456,9 milioni a dispetto dei minori proventi televisivi UEFA, e da botteghino, dovuti all’uscita ai gironi in Champions League (mentre l’anno prima la squadra era arrivata alla semifinale), è il top club italiano che in rapporto alle risorse a disposizione spende meno. Sommando i costi degli stipendi a giocatori e staff tecnico, degli ammortamenti dei cartellini e delle parcelle agli agenti il Milan spende infatti meno della metà del suo fatturato, il 49 %, contro il 52 del Napoli, il 72 dell’Inter e l’80 della Juventus. È importante dire qui che l’UEFA, che nella stagione 2025-26 fisserà al 70 % dei ricavi la soglia di spesa massima possibile di un club, ha tracciato una tabella d’avvicinamento che consentiva nella stagione da poco conclusa di spendere il 90 %, in quella in corso l’80 % e l’anno prossimo e per sempre il 70 %. Ebbene, il Milan con il suo 49 % è già oggi 21 punti sotto la soglia del 70 % indicata come traguardo finale. In un articolo postato il 30 agosto scorso proprio qui su Substack scrivevo: “La situazione dei tre più importanti club italiani è la seguente: il Milan ha uno “squad cost ratio” del 48 % (400 milioni di ricavi e 194 di costi), un risultato eccellente quindi. L’Inter si attesta invece al 70 % (409 milioni di ricavi, 287 di costi): un livello comunque già sufficiente a metterla in regola con largo anticipo rispetto al tetto da raggiungere nel 2025-26, appunto del 70 %. Ben più pesante è invece la posizione della Juventus: che ha uno “squad cost ratio” molto alto, l’84 %, dovuto ai costi esorbitanti della squadra (407 milioni) che arrivano a sfiorare la cifra dei ricavi totali (483 milioni)”.
C’è poi un’altra questione da considerare che riguarda Milan e Juventus oltre a PSG, Marsiglia, Monaco e Besiktas: quella del Settlement Agreement UEFA che obbliga questi club a non accumulare negli esercizi 2022-23, 2023-24 e 2024-25 perdite a bilancio superiori a un totale di 60 milioni. I club sono tenuti ogni sei mesi a comunicare lo status quo dei loro bilanci al CFCB (l’organo di controllo dei bilanci dell’UEFA) e nel 2026 l’UEFA esaminerà i conti di ognuno e sanzionerà, in caso di mancato rispetto dei parametri, i club inadempienti.
Ebbene, anche qui il Milan è in una botte di ferro: contrariamente alla Juventus che ha chiuso gli ultimi due bilanci con una perdita complessiva monstre di 322 milioni (!!!), 123,7 un anno fa e 199,2 quest’anno (e davvero non si capisce come il club bianconero possa rientrare sotto la soglia dei 60 milioni di perdite massime da qui a giugno e salvarsi così dai fulmini dell’UEFA), il Milan ha chiuso i suoi bilanci con due attivi da 10,2 milioni in totale: 6,1 un anno fa, 4,1 oggi. Ebbene, potendo permettersi di andare a - 60 e trovandosi già a +10, il Milan ha la reale possibilità di spendere già oggi, anzi già ieri, restando nei parametri UEFA, 70 milioni. Se poi anche il prossimo bilancio dovesse presentare il segno più, i soldi che il Milan avrebbe la possibilità e il diritto di spendere potrebbero essere anche di più, 80 o 90. Detto en passant, il Milan ha sensibilmente migliorato anche il suo patrimonio netto (che è un’ulteriore garanzia di “copertura”), salito dai 177 milioni del 22-23 ai 196 milioni del 23-24.
Il Milan ha quindi la reale e concreta possibilità, oltre che la disponibilità e il diritto, di spendere molti milioni per rafforzare la squadra; che come tutti sanno è il modo migliore per aumentare la competitività, ottenere risultati e guadagnare (e far guadagnare alla proprietà) più soldi. Red Bird però non è d’accordo. Cardinale, Scaroni e Furlani non ne vogliono sentir parlare: e la parola d’ordine è tenere chiuso il portafogli.
E non solo non comprano; ma mettono in atto operazioni di mercato non necessarie e sportivamente perdenti che finiscono con l’indebolire sempre più la squadra: com’è successo nell’estate 2023 con l’operazione Tonali. Dalla lettura dell’ultimo bilancio abbiamo appreso oggi qual è stata la reale portata della vendita del centrocampista: che era stata spacciata come l’affare dell’anno per via degli 80 milioni “irrinunciabili” offerti - si diceva - dal Newcastle e che invece così irrinunciabile non era. Tonali è stato ceduto infatti per molto meno, 58,9 milioni; di cui 4,9 finiti subito nella casse del Brescia, il club che lo ha cresciuto e valorizzato. A bilancio, la plusvalenza iscritta dal Milan per il giocatore è stata alla fine di 44,1 milioni: molti meno di quelli favoleggiati ai tempi della trattativa. Il costo di Musah e Chukwueze. Domanda che rivolgo non solo ai tifosi del Diavolo: preferireste un Milan con Musah e Chukwueze e senza Tonali o un Milan con Tonali e senza Musah e Chukwueze? Il dibattito è aperto.
La verità è che far passare il messaggio degli 80 milioni “impossibili da rifiutare”, 80 milioni che “chiunque avrebbe accettato”, è servito a Furlani & C. per spegnere sul nascere i mugugni dei tifosi e concludere in tranquillità una cessione sportivamente parlando fallimentare (stavo per scrivere criminale) che ha privato il Milan dell’anima della squadra. Una cessione, va ribadito, di cui non c’era alcuna necessità a bilancio: il tutto per realizzare una plusvalenza di 44,1 milioni subito vanificata da una serie di costosi e discutibili acquisti come quelli, appunto, di Musah (21,1 milioni) e Chukwueze (lui pure 21,1) che un anno fa diedero alla squadra un apporto vicino allo zero, per non parlare dell’Emerson Royal acquistato recentemente a 15 milioni (più bonus non ancora noti). A differenza di De Ketelaere, così duramente rimproverato a Maldini ma rivenduto all’Atalanta alla stessa cifra pagata al Bruges, rivendere Musah a 21 milioni e Emerson Royal a 15 sarà invece un’impresa. Aspettare per credere.
Senza la smania di mungere soldi alla mucca Milan mostrata dai proprietari americani, al cospetto dei quali Scaroni e Furlani si stendono a mo’ di zerbino - e con loro il boss Ibrahimovic, quello che si vantò di aver convinto Cardinale a non comprare più nessuno perchè, diceva, il Milan era già abbastanza forte e non ce n’era bisogno -, senza questa bramosia di raccogliere soldi, dicevo, il Milan potrebbe oggi avere ancora Tonali, cioè la colonna portante della squadra-scudetto costruita da Maldini, con Pulisic, Reijnders e Loftus-Cheek accanto e il tutto senza l’aggravio di un centesimo. Dopodiché, avrebbe la possibilità di rafforzare ulteriormente la squadra mettendo mano a una somma nell’ordine dei 70-100 milioni. Che come abbiamo visto ci sono. Chiusi in cassaforte. Il Milan dispone di margini di cassa ingenti, solo che Red Bird e Elliott non li sbloccano e li tengono chiusi a doppia mandata: un po’ come trovarsi in autostrada con una bella e potente auto che tutti ti invidiano e invece di viaggiare ai 130, cioè rispettando i limiti consentiti (i parametri UEFA), vedersi costretti ad andare ai 60, massimo 70, mentre attorno a te c’è chi non rispetta il codice e ti sorpassa ai 200 e chi ti segue (i tifosi) strombazza alle tue spalle inviperito ed esasperato in un lungo viaggio che non finisce mai.
Dopo aver assistito all’ennesima campagna acquisti da “Oscar del Taccagno”, all’ennesimo mercato da freno a mano tirato portato avanti dai dirigenti rossoneri, so che vi farà male apprendere anche quest’ultima chicca: ma sapete qual è la cifra finita a bilancio-Milan alla voce (a dir poco aleatoria) “spese per servizi”? Tenetevi forte: 91 milioni (vedi tabella sotto di Calcio Finanza). Che è come dire un quarto del fatturato del Milan o giù di lì. Novantuno milioni spesi non per comprare Osimhen, ma per “servizi”. Qualcuno dirà: magari è una spesa che grava sui bilanci di ogni club e più o meno allo stesso modo. Invece no. Sapete quanti soldi il Bayern, che da trent’anni chiude i suoi bilanci in attivo, ha un fatturato di 854 milioni (il doppio del Milan) ed è unanimemente considerato il club meglio gestito d’Europa, ha destinato alla voce “servizi”? 40 milioni, 60 meno del Milan. E per venire ai club di casa nostra, sapete quanto De Laurentiis che guida il Napoli in modo inappuntabile ha speso per questa stessa voce? 25 milioni: 75 meno del Milan.
Morale della (brutta) favola: a furia di tirare la corda e di esagerare con la politica del braccino, quel che sta accadendo in casa del Diavolo è sotto gli occhi di tutti. Sta accadendo che il Milan che risparmia sull’allenatore e assume Paulo Fonseca; il Milan che risparmia sul centravanti e molla Zirkzee per prenderne due - Morata e Abraham - che insieme non fanno mezzo Giroud; il Milan che ha il problema di sostituire Calabria e ne prende uno che più scarso non si può, Emerson Royal, mentre regala Kalulu (che al confronto è Djalma Santos) nientemeno che alla Juventus; il Milan che ha licenziato Maldini per via dell’acquisto di De Ketelaere (peraltro subito rivenduto senza perderci una lira) e che però continua a stipendiare gli intenditori che hanno acquistato Musah, Jovic, Terracciano e Emerson Royal; sta accadendo che questo disgraziato Milan finito in mano agli americani e ai loro collaborazionisti è diventato una sorta di Armata Brancaleone che a novembre è già fuori dalla lotta scudetto e corre il serio rischio, a maggio, di dare l’addio anche alla qualificazione Champions 2025-26. Il che comporterebbe un rovinoso crollo d’immagine a livello planetario, un danno a bilancio dai 100 milioni in su, il fuggi fuggi degli sponsor e la depressione dilagante di una tifoseria sempre più esacerbata e ferita.
Concludendo: se a Paul Singer del fondo Elliott e a Gerry Cardinale del fondo Red Bird, che non sanno nemmeno cosa sia un pallone, è difficile spiegarlo, a Scaroni, Furlani e Ibrahimovic sarà il caso di ricordare che il Milan, anche adesso che a guidarlo ci sono loro, è e resta un club di calcio. Ha una squadra che gioca a pallone da 125 anni ed esiste per sfidare gli avversari e provare a batterli. L’ha sempre fatto bene, peraltro, come essi stessi possono constatare dando un’occhiata alla sala dei trofei. Nel caso la cosa non fosse loro chiara, gli stimati signori Scaroni, Furlani e Ibrahimovic sono gentilmente pregati di togliere il disturbo e scendere. Senza nemmeno bisogno di scusarsi per il disagio creato.
P.S. Chi avesse tempo e voglia di approfondire in modo più tecnico e specialistico le analisi dei bilanci del Milan e non solo del Milan può farlo proprio qui su Substack visitando l’account Redblack Insights di Felice Raimondo, avvocato e esperto di diritto sportivo.
Dio ti benedica, Paolo. Grande.
forse ai vertici del Milan non ci sono tifosi milanisti? Forse per le holding economiche e finanziarie il mondo del calcio italiota è un sistema fatto ad hoc per aggiustare i bilanci societari dell'intera holding multinazionale?
Una cosa è certa, non tutti sanno coniugare gli interessi sportivi (risultati in campo) con quelli prettamente speculativi della finanza creativa, che spesso prevalgono come descritto molto bene da Ziliani.
Aggiungo, il problema nasce sempre da chi governa il calcio a livello nazionale e internazionale, l'unico modo per far cambiare in meglio le cose è far cambiare la mentalità retrograda ai tifosi che non vedono e non sentono quindi non ragionano razionalmente continuando ad alimentare un mondo in declino; leggasi anche l'articolo di Ziliani sul Torino per capire che brutta china ha preso il calcio italiano.