Lo dico da anni e lo avevo ribadito solo sette giorni fa: Leao è una palla al piede e dopo 5 anni il Milan avrebbe dovuto salutarlo e cercarsi un altro leader
Dal gol di tacco cercato (e ridicolmente fallito) contro il Newcastle al via della scorsa Champions, subito compromessa per quell'errore, ai danni di oggi. C'erano una volta Rivera, Baresi e Kakà...
Ripropongo in lettura libera a tutti l’articolo che ho scritto solo sette giorni fa su Rafa Leao, il campione croce e delizia (per l’esattezza: molto croce e poco delizia) agli umori e alle “lune” del quale il Milan lega da cinque anni il suo - anche per questa insensata scelta - sempre meno roseo destino.
Sono passati cinque anni e il Milan è ancora prigioniero dell'equivoco Leao: dovrebbe essere la stella, è (quasi sempre) la palla al piede
Detto che la partenza disastrosa non ha colpevoli particolari (Fonseca s'è preso tutte le colpe), aver eletto Rafa a faro e frontman della squadra è stato un suicidio: bisognava dare un taglio netto
So che è un po’ come bestemmiare in chiesa, ma dopo la disastrosa partenza del Milan in campionato (pareggio per grazie ricevuta col Torino, sconfitta senza attenuanti a Parma), e premesso che il disastro è stato totale (Fonseca se n’è assunto la piena responsabilità), vorrei porre un paio di domande che da osservatore giudico urgenti e non più procrastinabili: queste.
A distanza di cinque anni dal suo arrivo in Italia, è possibile dire che Leao è la stella del Milan e nello stesso tempo anche la sua palla al piede?
È corretto dire che le partite in cui Leao in campo si rivela una zavorra superano di gran lunga le partite in cui si prende la scena assurgendo al ruolo di primattore?
Non so come la pensiate voi. Ma se la risposta a queste due domande è sì, la terza che ne consegue è: una stella di una squadra che brilla a intermittenza e spesso diventa palla al piede, che stella è?
I tifosi del Milan hanno idolatrato Rivera e hanno idolatrato Van Basten, che pure qualche pausa ogni tanto se la concedevano non avendo la feroce continuità di un Franco Baresi o di un Paolo Maldini che stelle - pur da difensori - lo sono stati e con la S maiuscola. Ma potrei continuare citando Kakà, Shevchenko, lo stesso Pirlo: tutti campioni (fuoriclasse?) che quando scendevano in campo non si assentavano, non si eclissavano, non tradivano. Rivera, Baresi e Maldini sono durati una vita; Van Basten, Kakà, Shevchenko e Pirlo sono durati meno; ma ognuno a modo proprio sono stati fari, bussole, punti fermi, punti di riferimento, colonne, sicurezze. Erano stelle vere e infatti i loro Milan, che si riconoscevano attorno ad essi, vinsero tanto e vinsero bene.
Se le cose che sto dicendo corrispondono al vero, la domanda da un milione di dollari che oggi il mondo Milan dovrebbe porsi è quindi questa: se la stella cometa di oggi è Rafa Leao, dove pensiamo di andare? Il tempo delle decisioni è scaduto. Leao ha 25 anni, è al Milan da cinque stagioni, non è più un ragazzino e non sarà certo a 27 o 28 anni che si trasfigurerà, tecnicamente e caratterialmente, in qualcosa (in qualcuno) di diverso da quello che è. Su chi sia e “come” sia Leao non c’è più niente da scoprire. Lui è questo: un’antilope, un atleta agile e veloce come nessuno che una volta al mese ti fa saltare sulla poltroncina se sei allo stadio o sul divano se sei alla tv con i suoi raid abbaglianti e fulminanti, ma che in 40 partite su 50 è sostanzialmente un soprammobile; nemmeno bello a vedersi dal momento che la sua gestualità e il suo linguaggio del corpo sono il ciondolare sul prato in modo apatico, abulico, quasi svogliato che tutti conosciamo. Sembra che Leao si trovi lì per caso: coinvolto nel match suo malgrado, spettatore più che protagonista.
E insomma: se un tempo il tifoso del Milan poteva dire “dove vai se Rivera non ce l’hai?”, e lo stesso per Van Basten, Baresi, Maldini, Kakà, Shevchenko e Pirlo, di certo non può dirlo oggi per Leao. Perchè il portoghese non solo è l’incostanza e l’impalpabilità fatte giocatore; ma in quanto a efficacia come attaccante segna pochi gol (un anno fa segnarono più di lui Koopmeiners, Soulè, Nico Gonzalez, De Ketelaere, Pinamonti) mentre è sicuramente un buon assist-man, ma senza esagerare: nel campionato scorso servì 9 passaggi-gol, che non sono pochi, ma pur sempre uno in più di quelli serviti da De Ketelaere e Mkhitaryan, due in più di quelli serviti da Bellanova e McKennie. Rivera, insomma, era un’altra cosa.
E allora?, vi chiederete. E allora io dico che sarebbe tempo che il Milan uscisse da questo gigantesco e mortale (sportivamente parlando) equivoco. Leao non è la stella sotto la cui luce il Diavolo può sperare di ritornare grande. Nel quintetto d’attacco del Milan di Rocco (Hamrin, Lodetti, Sormani, Rivera, Prati) Leao non avrebbe mai trovato posto; ma non l’avrebbe trovato nemmeno nei reparti avanzati del Milan di Sacchi, di Capello e di Ancelotti. Leao potrebbe al massimo essere la ciliegina, dieci giocatori veri e poi lui (sperando che sia di luna buona), invece gli si chiede di essere la torta, di fare da frontman, l’ultimo ruolo per cui è nato. Gli hanno addirittura cucito addosso una clausola da 175 milioni che appare oggi, anche alla luce della fine fatta da quella da 130 di Osimhen (che pure è Osimhen, lui sì dominante e determinante), francamente ridicola. E il mio pensiero è che se al Milan si presentasse un club con un assegno da 70 milioni, evento già difficilissimo, il club dovrebbe cogliere la palla al balzo, mettere Leao sulla scaletta dell’aereo e salutarlo. Poi, con quei soldi, mettersi alla ricerca di un campione che stella di prima grandezza possa diventarlo davvero.
Leao non ci è riuscito e non ci riuscirà mai. Sono passati cinque anni, oggi ha 25 anni e il tempo dell’attesa è scaduto. Van Basten e Shevchenko non ci sono più? Il Milan cerchi un nuovo Lautaro. Sì, avete capito bene: Lautaro. Che all’Inter è riuscito a fare quel che a Leao al Milan non è riuscito: diventare determinante e imprescindibile.
Una dirigenza degna di questo nome, avrebbe preso il ragazzo e gli avrebbe parlato in maniera onestà, x capire cosa gli passa x la testa. (Anche accostandogli un mental coach)
Perché il suo atteggiamento nn è solo con Fonseca ma lo ebbe pure con Pioli, e anche in nazionale nn ha certo brillato.
troppi soldi danno alla testa, molti giocatori di calcio se pur bravi non brillano per intelligenza e cultura