Nel giorno di PSG-Inter se ne va Ernesto Pellegrini, il presidente dell'Inter dello scudetto dei record ma soprattutto uomo di straordinaria bontà e umanità
Fu lui a creare col Trap l'Inter dei tedeschi Matthaeus, Brehme e Klinsmann che si contrapponeva al Milan degli olandesi; e fu lui a creare Ruben, il ristorante in cui ancora oggi si mangia con 1 euro
Proprio nel giorno di PSG-Inter è morto a Milano, all’età di 84 anni, Ernesto Pellegrini che dell’Inter fu presidente per undici anni, dal 1984 al 1995. Era l’Inter che vinse con Trapattoni in panchina lo “scudetto dei record”, il 13° della sua storia, con 58 punti conquistati in 34 partite (allora la vittoria valeva 2 punti), l’Inter dei tedeschi Matthaues, Brehme e Klinsmann - ma prima ci fu Rummenigge - che si contrapponeva al Milan degli olandesi Gullit, Van Basten e Rijkaard, l’Inter che sotto la sua presidenza conquistò anche due Coppe UEFA (e la Coppa UEFA di allora non era certo l’Europa League di oggi) più una Supercoppa italiana.
Presidente di vecchio stampo e persona dotata di un senso di umanità unico e introvabile, da giornalista sportivo de “Il Giorno” di Milano ebbi modo di intervistarlo e di conoscerlo personalmente. Fu lui, quando a inizio 1984 acquistò l’Inter da Ivanoe Fraizzoli per 10 miliardi di lire, a darsi subito da fare affinché Claudio Pea ed io, che nella primavera dell’anno prima avevamo dato vita all’inchiesta del Giorno sulla partita truccata Genoa-Inter 2-3 che determinò l’apertura di due inchieste, una sportiva che si chiuse col processo e l’assoluzione dei club per insufficienza di prove, e una penale su scommesse (allora vietate) e Totonero, fu lui - dicevo - che diede ordine a tutti i dirigenti e i giocatori dell’Inter di interrompere l’atteggiamento di intransigente chiusura (eufemismo) contro il quale Claudio ed io sbattevamo ogni volta che il lavoro ci portava a sfiorare, a incrociare o ad avvicinare tesserati o personaggi del mondo Inter. Non andò in realtà proprio benissimo, ma l’iniziativa partì per sua spontanea iniziativa e avvenne proprio all’inizio della sua presidenza: ricordo come fosse oggi che il gesto mi lasciò stupefatto.
Ma per dire che fosse Ernesto Pellegrini, che nel 1965 aveva fondato l’Organizzazione Mense Pellegrini che divenne un colosso nel settore, più che del presidente bisogna parlare dell’uomo E se volete toccarne con mano l’animo, regalatevi due minuti di tempo per leggere questo articolo pubblicato nell’autunno del 2014 da Huffington Post. Ernesto Pellegrini era questa persona.
"Ruben", il ristorante solidale per le vittime dalla crisi dove cenare costa un euro. Il fondatore Pellegrini: "Non è una mensa per poveri"
di Micol Sarfatti, HuffPost
05 novembre 2014
Milano, via Giambellino. La periferia disordinata cantata da Giorgio Gaber oggi ospita grattacieli e uffici. Qui, tra pizzerie, trattorie “con menù fisso a 10 euro” e pub “con Happy Hour” c’è anche Ruben: tavoli e sedie in legno chiaro, attaccapanni di design, vasi di fiori, ai muri fotografie di ricette, accompagnate da frasi di filosofi e scrittori. Non è l’ennesimo locale alla moda della città, ma il primo ristorante solidale per nuovi poveri, ideato e voluto dall’imprenditore e ex presidente dell’Inter Ernesto Pellegrini.
“Dalla vita ho avuto tanto. A 74 anni è anche ora di restituire qualcosa – racconta il Cavalier Pellegrini all’HuffPost- Ruben era un uomo che lavorava nella cascina dei miei genitori a Linate (alle porte di Milano). Gli ero molto affezionato. Un giorno non riuscì più ad ottenere l’alloggio in una casa popolare, andò a vivere in una baracca e una notte d’inverno morì assiderato. Io allora non potevo fare molto per lui, ero un semplice contabile, guadagnavo poco. Su La Notte raccontarono la sua vicenda e lo definirono un barbone. Fu terribile. Lui non era un clochard, ma un gran lavoratore che era stato sfortunato. Volevo ricordarlo e ho deciso di intitolare a lui questo spazio”.
Cenare da Ruben costa un euro, per i ragazzi sotto i 16 anni è gratis. Si può scegliere tra diversi menù, “risotto alla milanese, pennette al pomodoro, arrosto di vitello o filetto di pesce dorato e verdure di stagione”. Perché questa, come spiega Davide Locastro, direttore della Fondazione Pellegrini Onlus e responsabile del progetto: “non è una mensa dei poveri, ma un luogo pensato per coloro a cui la crisi economica ha stravolto la vita: padri separati, gente che ha perso il lavoro, non riesce a ritrovarlo e non può più a vivere la vita dignitosa di un tempo. Uomini e donne che non hanno una storia di povertà alle spalle e per questo si vergognano a chiedere aiuto”. Il locale, una ex mensa della catena di ristorazione Pellegrini, aprirà le porte il 10 novembre 2014. Potrà ospitare fino a 480 persone. Da lunedì a sabato, si alterneranno in due turni di cena, dalle 19 alle 19.45 e poi fino alle 20.30.
Per accedervi bisogna rivolgersi alle realtà che fanno rete con la Fondazione Pellegrini: Centri di ascolto delle parrocchie, la Caritas Ambrosiana e le associazioni del territorio.
Ai tavoli daranno una mano volontari di tutte le età, compresi due bimbi di sei e 10 anni.
La tessera dura due mesi ed è rinnovabile, “ma vogliamo trasmettere l’idea che questa è una mano tesa, un aiuto per ricominciare, non un sussidio permanente”, spiega Locastro “chi viene qui vuole tornare ad essere come prima, non diventare un bisogno sociale cronico. Abbiamo curato tutto nei minimi dettagli per far capire che le difficoltà non devono stravolgere i propri gusti e abitudini”.
Tra le persone in coda alla segreteria del ristorante per la registrazione ci sono storie di tutti i tipi. C’è Mario (i nomi sono di fantasia ndr), un piccolo imprenditore che ormai ha lavoro solo saltuariamente e non riesce più a sfamare la moglie e i cinque figli. C’è Luca, 40 anni, una laurea in Giurisprudenza e un posto da responsabile risorse umane in una grande azienda svanito dal mattino alla sera. Ora prova ad arrangiarsi con dei lavoretti, ma non basta.
Ci sono tanti padri separati, ma anche mamme sole, come Anna, che stringe le spalle nel cappotto nero e dice “non vedo l’ora di poter venire qui con i miei due bambini, sederci di nuovo a tavola insieme e mangiare cose buone”. Ci sono immigrati che sono da anni in Italia con regolare permesso di soggiorno, ma hanno perso il lavoro e non possono chiedere aiuto a nessuno. Ad oggi il 60% dei futuri “clienti” è italiano, il 40% straniero.
All’ingresso del ristorante ci sono dei tornelli per monitorare gli accessi. “Alla fine di ogni mese avremo un rendiconto dell’utenza. Vogliamo capire come stanno cambiando le emergenze e il tessuto sociale della città”, spiega Locastro. “Purtroppo i tempi delle grandi donazioni sono finiti. Bisogna pensare a un nuovo welfare e a una diversa responsabilità collettiva. Non esiste solo la carità tradizionalmente intesa”.
Ruben vuole essere un modello di solidarietà innovativo, in cui l’imprenditore mette a disposizione non solo parte del proprio capitale, ma anche la propria professionalità.
“Ricevo lettere di persone disperate che mi chiedono lavoro, leggo storie che fanno venire i brividi –racconta Ernesto Pellegrini- Per una vita mi sono occupato di mense e ristorazione, ho semplicemente pensato che questo potesse essere il modo più efficace per aiutare gli altri”.
Il primo presidente non si scorda mai. Pellegrini è stato il mio primo presidente, la sua Inter la prima squadra che ho amato, Rummenigge e Altobelli i primi i idoli, a seguire gli altri tedeschi a i vari Zenga, Begomi, Ferri etc. Ha riportato scudetto e coppe europee dopo anni di digiuno. Non sempre ci azzeccava, anzi, alcune stagioni sono state molto deludenti, ma era un presidente vecchia maniera che amava sinceramente la propria squadra e pensava in grande. Oltre, naturalmente, a essere stato un galantuomo.
Addio presidente, stasera si gioca anche per te.
Stamattina presto, appresa la notizia della morte del presidente Ernesto Pellegrini, ho postato in rete un saluto per lui, definendolo “persona per bene”.
Il presidente Pellegrini era nato da una famiglia ‘normale’, non era nato ricco, lo era diventato in virtù del successo delle sue attività imprenditoriali e, proprio per questo, non si era mai dimenticato delle proprie origini e aveva dato tanto per gli altri che dalla vita avevano avuto di meno, come ha testimoniato stamattina Paolo.
In questo il presidente Pellegrini può essere accomunato ai fondatori dell’Internazionale di Milano il 9 marzo 1908 che si definirono per sempre “fratelli del mondo” come lui è sempre stato concretamente e fattivamente. Riposi in pace come merita.