Szczesny e la più bella intervista dell'anno: i discorsi motivazionali di Bonucci silenziati con le cuffie, il rigore di CR7 al Bernabeu, i flop con Ajax e Siviglia, Allegri, Giuntoli...
Su YouTube, a colloquio con Luca Toselli, un'ora da non perdere col portiere polacco che dopo l'allontanamento dalla Juventus a un anno dalla fine del contratto ha deciso di dare l'addio al calcio
Così come dico, senza falsa modestia, che i fatti, le riflessioni e gli approfondimenti (non ho detto le verità) che ogni giorno propongo in questo mio account su Substack difficilmente un lettore potrebbe trovarli su giornali, siti web o in trasmissioni tv dove la libertà di pensiero e di espressione è spesso censurata o auto-censurata per motivi che non è neanche il caso di ricordare tanto evidenti e incancreniti sono (e la riprova è nei fatti visto che ogni giorno ho un nuovo abbonato a pagamento e dopo poco più di un anno i lettori che mi hanno seguito e mi seguono sono centinaia e ogni mese che passa diventano di più), allo stesso modo dico che un’intervista di un’ora e dieci minuti (avete letto bene: 1h e 10’) bella, profonda e divertente come quella che Wojciech Szczesny - portiere titolare della Juventus negli ultimi 7 anni prima di vedersi accantonare da Giuntoli a un anno dalla scadenza del contratto per fare spazio come titolare a Di Gregorio acquistato dal Monza - ha rilasciato non a Sky o a DAZN, non alla Rai o a Mediaset, ma a uno sconosciuto, ai più, youtuber juventino, Luca Toselli, nel quale il portiere polacco, notoriamente refrattario ai teatrini del calcio in tv, era incappato per caso una sera a casa surfando nel mare del web e prendendolo in simpatia (è lui stesso a raccontarlo nell’intervista), un’intervista così bella, profonda e divertente - dicevo - campaste cent’anni non la trovereste mai né al club di Caressa, nè nel caravanserraglio di Pressing, né in ogni canonico luogo dove si celebrano i riti, triti e ritriti (mi scuso per lo scioglilingua non voluto) della narrazione spesso molesta del calcio e del suo microcosmo in tv.
Se vi fidate di me, quando avete un’ora libera guardatevela. Merita. Nel suo essere spontaneamente controcorrente (avete presente il cliché del calciatore che parla per frasi fatte dicendo aria fritta? Lui è l’esatto contrario) Szczesny è a dir poco strepitoso, totalmente sincero, insofferente all’ipocrisia, simpatico oltre ogni limite. Incomincia correggendo Luca Toselli che parla del figlio di Tech tifoso della Juventus (“Ma Liam non tifa Juventus, tifava me: lui è per il Real Madrid”) e sull’abbrivio ci fa salire sull’ottovolante di verità e rivelazioni che mai avremmo pensato di sentir uscire dalla bocca di un calciatore (per quanto ormai ex, visto che dopo il benservito datogli da Giuntoli ha deciso di ritirarsi dal calcio a 34 anni).
Di Allegri che di lui, dopo un’intervista post partita in cui Tech criticò il gioco troppo rinunciatario della squadra, disse: “Non parla bene l’italiano, forse l’avete frainteso”, Szczesny dice, ma simpaticamente, senza cattiveria: “Lui per uscire da una domanda dice una cazzata ed è fatta: ogni giorno ne ha una per qualcuno”. Poi spiega che lui quel giorno (la Juventus aveva perso col Siviglia la semifinale di Europa League) non ce l’aveva con Allegri ma con i compagni che avevano fatto pena. “Un approccio pessimo a una partita importantissima. La devi vincere a tutti i costi e giochi solo difendendoti. Io gli ho salvato il culo più di una volta, doveva finire 5-1 o 6-1, e alla fine ero incazzato nero”.
Toselli, che ha le maglie della Juventus in bella vista dietro di sè, gli chiede qual è, se c’è, il grande rimpianto della sua carriera e lui lo tramortisce rispondendo senza pensarci: “Fare tutta la mia carriera nell’Arsenal. Ne ero tifoso, sono andato a giocarci a 16 anni. Quando mi hanno messo alla porta per mandarmi via, per me è stato un momento tremendo”. Toselli cerca di riportarlo nel recinto della Real Casa: mai pensato di poter vincere una Champions? “Due volte - risponde Tech -. L’anno del Real con la rimonta del 3-0 al Bernabeu e l’anno in cui ci eliminò l’Ajax. Quell’anno eravamo la squadra più forte d’Europa, Ronaldo, Cancelo, Higuain, Dybala, Douglas Costa: non credevo ai miei occhi. Non potevamo non vincere: invece l’Ajax, che era una squadra senza pretese, non ci ha mai fatto vedere la palla. Com’è possibile?, mi chiedevo. Quelle sera feci due o tre parate super, ma la verità è che dopo il 2-1 non abbiamo fatto una sola azione di calcio, ci hanno distrutto. Ho sofferto molto a uscire”. E al Bernabeu?
“Al Bernabeu ero in panchina e sono entrato dopo l’espulsione di Buffon per un minuto, per provare a parare il rigore di Ronaldo. Col preparatore Filippi facevamo uno studio attento e dettagliato dei rigoristi: sapevamo come Ronaldo li tira di solito, aprendoli, anche se ogni tanto, specie nelle occasioni in cui contavano di meno, cambiava metodo e variava. Ma lì era il 93’, il rigore valeva una finale di Champions e quindi chiedo a Filippi: “Apre?”. E Filippi: “Sì apre”. Entro convinto di pararglielo. Invece Ronaldo spara una bomba sotto la traversa che non avremmo preso neanche se in porta fossimo stati in quattro, io, Buffon, Perin e Pinsoglio. Che vuoi che ti dica: quello è un robot”.
Ultima chicca, dopo di cui mi fermo per non spoilerare altre rivelazioni di grande interesse (su tutte il comportamento di Giuntoli nella vicenda Di Gregorio che ha portato Szczesny a dire basta), l’esilarante racconto che il portiere fa dei giocatori che a tutti i costi vogliono fare i motivatori: alla Juve ad esempio c’era Bonucci con la fissa dei discorsi motivazionali. “Io odio caricare. Io sono un freddo, faccio i cazzi miei e in questo modo affronto la partita. Anche De Ligt era fatto come me. Tutto il contrario di Bonucci che invece ogni volta sentiva il bisogno di dovere caricare tutti. A volte quando lo vedevamo alzarsi in piedi io e Matthijs ci guardavamo, poi mettevamo le cuffie per non sentirlo. Insomma: perchè ci dev’essere qualcuno che deve caricarmi? Non ne ho bisogno, se uno ti deve caricare crolla tutto. Che poi loro non se ne accorgono, ma il più delle volte sottovoce arriva un vaffanculo”.
Così parlò Wojciech Tomasz Szczęsny. Idolo vero. Buon divertimento (e dimenticavo: complimenti a Luca Toselli che ha fatto un regalo a tutti gli sportivi ricordando cosa dovrebbe essere il calcio in tivù).
Grandissimo portiere ammirato alla Roma
allora esiste qualche vero tifoso juventino in cerca della verità e non quella propinata dal sistema marcescente che copre ogni nefandezza per interessi particolari a scapito di tutto e tutti.
Sapete, per certi aspetti mi fanno tenerezza quei milioni di tifosi che pendono dalle labbra dell'amata signora che da tempi lontani dissimula la sua vera natura dietro un'apparenza esteriore accattivante, producendo insieme ad un mondo giornalistico affetto da cecità indotta un danno culturale al mondo del Calcio e dello sport.