Tre radiazioni e una penalizzazione: ma Elkann voleva cavarsela con una multa
La decisione di non patteggiare con la Procura FIGC è la conferma dello scollamento dalla realtà che accomuna i dirigenti Juve di ieri con quelli di oggi: se sarà B con penalizzazione sarà una fortuna
Un mese intero a discutere se uscire o no con l’ombrello, in previsione della pioggia di punti (di penalizzazione) prevista lunedì sulla Torino bianconera; un mese intero a chiedersi se pioverà tanto (15 punti) oppure poco (9 punti); e poi, uscendo di casa, dai un’occhiata al cielo e scopri che in realtà la pioggia tanto temuta è niente in confronto al ciclone che aleggia cupo in lontananza e che si sta avvicinando: il ciclone “manovre stipendi” per salvarsi dal quale più dell’ombrello servirà il rifugio antiatomico. Dunque, la notizia importante - direi fondamentale - giunta nel pomeriggio di ieri, venerdì, naturalmente a Borse chiuse (guai a procurare altri guai alle già disastrate azioni bianconere), è che la Juventus è stata deferita, cioè mandata a processo, dalla Procura federale per un dibattimento che è giusto chiamare maxi processo accorpando al suo interno ben quattro diversi filoni, uno più pesante dell’altro: le manovre stipendi, che sono due e distinte l’una dall’altra, gli agenti collusi e i club amici, la vera sorpresa di Chinè visto che si era sempre parlato, per questo filone, di un rinvio alla stagione prossima, rinvio che riguarderà invece solo i sei club fiancheggiatori della Juventus: Atalanta, Sassuolo, Udinese, Sampdoria, Bologna e Cagliari. La Juventus invece ne risponderà subito.
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