"Cambiando l'ordine della squadra attaccante, la porta del gol non cambia". Elogio di Ferruccio Gard da Verona, leggenda vivente di Novantesimo Minuto
Giacche e cravatte improbabili, viso pallido, aspetto emaciato, Gard è stato uno dei giganti del programma di Paolo Valenti. Il suo chiodo fisso era provare a far ridere: involontariamente ci riusciva
Anche se non aveva la personalità travolgente e scoppiettante di Luigi Necco, l’aplomb e la padronanza della scena di Cesare Castellotti, il capello brizzolato e il sorriso piacione di Marcello Giannini e non risvegliava nelle massaie l’istinto materno come solo Tonino Carino da Ascoli sapeva fare, Ferruccio Gard da Verona è stato fin da subito, prim’ancora che diventassi giornalista e cominciassi a scrivere di lui, uno dei miei mezzibusti preferiti di Novantesimo Minuto. A colpirmi erano in primo luogo le giacche e le cravatte cromaticamente spiazzanti con cui era solito presentarsi al desco di Paolo Valenti; e ancora il colorito anemico e l’aspetto emaciato che ne facevano una sorta di Lazzaro risorto dalla tomba cui si aggiungeva quella voce flebile, smorzata, quasi flautata che ti obbligava a drizzare le orecchie per intendere cosa dicesse, sussurri che parevano provenire dall’oltretomba.
A tutti i mezzibusti di Novantesimo Minuto, ai loro tic, al loro look improbabili e ai loro sfondoni che per anni ho raccontato in fortunate e seguitissime rubriche sulle pagine sportive de “Il Giorno” a metà degli anni Ottanta, avevo affibbiato un soprannome: Necco da Napoli era “Pummarola”, Bubba da Genova era “Bubbone”, Castellotti da Torino era “Cotechino”, Marcello Giannini da Firenze era “Il Nostro di Firenze” o in alternativa - visti i danni che immancabilmente combinava - “Macello”, Vasino da Milano era “Vasino da notte”, Vitanza da Milano era “Pietanza” e lui, Ferruccio Gard da Verona, era “Nosferatu”.
La cosa che più di tutte suscitava in me, al tempo stesso, entusiasmo e tenerezza erano i suoi sforzi e i suoi tentativi (disperati) di mostrarsi ironico e fine umorista a mo’ di clone di Beppe Viola: anche se il repertorio non gli permetteva mai di andare oltre a calembour tipo “la squadra capitolina ha evitato di capitolare” o “cambiando l’ordine della squadra attaccante, la porta del gol non cambia” che a lui sembravano freddure non solo originali ma geniali. A Gard piaceva poi moltissimo presentarsi con i più disparati e bizzarri cappelli tra cui prediligeva quello alla Sherlock Holmes.
Nato a Vestignè, in provincia di Torino, nel 1940, spirito nobile e animo artistico, Ferruccio Gard ha 85 anni e dopo aver appeso il microfono al chiodo è oggi un apprezzato pittore della corrente “Op Art” neo costruttivista e cinetica, quella dei colori in movimento, un po’ come lo erano in video quelli delle sue giacche. Ha esposto in sette edizioni della Biennale di Venezia e ha scritto anche tre romanzi: uno - e vi giuro che non me lo invento - s’intitola “Quella telefonata da una tomba” (Feltrinelli) e non a caso a scriverlo è stato proprio il mio mezzobusto preferito, Ferruccio Gard detto Nosferatu, il principe della notte.
A lui, mio idolo, ho dedicato alcune pagine del libro “La Tribù del Pallone: quando il calcio è tutto da ridere” scritto per Limina e uscito nel 2005.
P.S. Prossimamente, ma solo per gli abbonati a “Palla Avvelenata”, i ritratti degli altri mezzibusti storici di Novantesimo Minuto.
giornalisti che sembrano miti d'altri tempi.
A volte mi domando, possibile che oggi i nuovi e giovani colleghi di questi "miti" non abbiano appreso nulla di questa "sottile arte" del linguaggio giornalistico sportivo?
Mentre ripulivo la soffitta ho ritrovato vecchi giornali di epoche diverse utilizzati come carta da imballo, sui quali c'erano articoli di Brera, Viola, Cazzaniga perfino Mosca ed altri, leggendo qua e la un "delirio" di piacevoli descrizioni e racconti dello sport tra il serio e il faceto, ahimé riscontrando quanto il giornalismo italiano oggi sia caduto letteralmente in basso, non lo scrivo con rimpianto o nostalgia ma con un senso di dispiacere.
Meravigliose maschere di un teatro d'altri tempi.
È stato bello esserci....