Con la morte di Gianni Vasino se ne va un'altra tessera del magico puzzle di "Novantesimo minuto": il miglior programma tv di sempre
Dopo Zuccalà, Galeazzi, Bubba, Necco, Giannini e Carino se n'è andato anche Vasino il paladino del Nord in perenne lotta contro il sudista Necco. Prossimamente i miei articoli scritti ai tempi d'oro
Chi dice che “Indietro tutta” sia stata la più riuscita, divertente e acclamata trasmissione d’intrattenimento leggero, per non dire comica, della storia della tv italiana dice il falso: la migliore, e lo dico senza tema di smentita, è stata per distacco “90° Minuto”. Tanto per cominciare, il programma di Renzo Arbore ebbe una durata brevissima: ne vennero prodotte 65 puntate, andate in onda su Rai Due dal 14 dicembre 1987 all’11 marzo 1988 (dal lunedì al venerdì): e un conto è tenere botta e restare sulla cresta dell’onda tre mesi, un altro conto è farlo per trent’anni com’è riuscita a fare invece il “90° Minuto” di Rai Uno che per vent’anni, dal 1970-71 al 1989-90, venne condotto da Paolo Valenti (le prime sei edizioni in coppia con Maurizio Barendson, ideatore del programma assieme a Valenti e a Remo Pascucci) e che ancora in pieno splendore fu accompagnato alla soglia del nuovo millennio, e al traguardo dei suoi trent’anni, da Fabrizio Maffei prima e da Giampiero Galeazzi poi.
Il “90° Minuto” di quei trent’anni di fine secolo e di fine millennio fu realmente qualcosa di unico, grandioso e irripetibile: un vero e proprio esempio - e caso quasi unico - di “infotainment”, il termine inglese che ingloba i concetti di “information” e “entertainment”, informazione e intrattenimento. Longevità del programma a parte (“90° Minuto è ancora oggi vivo e vegeto, anche se è ormai altra cosa rispetto a quel che fu e a quel che rappresentò nell’immaginario popolare negli anni 70, 80 e 90), anche analizzando la qualità della performance umoristica e il livello di comicità - totalmente involontaria - ottenuti e raggiunti grazie all’improvvisazione dei mezzibusti schierati ogni domenica dal grande burattinaio Paolo Valenti, da Bubba a Vasino, da Necco a Tonino Carino, da Castellotti a Gard, da Zuccalà a Marcello Giannini, da Strippoli e Pier Paolo Cattozzi, la superiorità di “90° Minuto” non può in alcun modo essere messa in discussione. Per dirla in calcese: “90° Minuto” batte “Indietro Tutta” 3-0.
Direte: perchè Ziliani ci sta parlando di questo? Lo sto facendo perchè ieri a 88 anni è morto Gianni Vasino; e per chi ha seguito il calcio nei trent’anni di fine secolo Vasino, icona di “90° Minuto” e punta di diamante della formazione schierata da Paolo Valenti, è stato a suo modo una leggenda. I suoi “scontri” e le sue frecciate (contraccambiate) all’indirizzo di Luigi Necco corrispondente da Napoli ai tempi del primato calcistico milanese insidiato dal Napoli di Maradona sono entrati nel mito. E le sue gaffes e i suoi calembours pure.
È morto Vasino, dicevo, e adesso in paradiso, agli ordini di Paolo Valenti allenatore, “90° Minuto” può schierare una squadra, anzi uno squadrone al gran completo (e con tanto di 4-3-3 come modulo d’attacco): Gianni Vasino in porta; Tonino Carino, Luigi Necco, Franco Costa e Marcello Giannini in difesa; Giorgio Bubba, Beppe Barletti e Emanuele Giacoia a centrocampo; Franco Zuccalà, Giampiero Galeazzi e Gino Rancati in attacco. Come diceva Fulvio Bernardini del Bologna dei primi anni Sessanta: così si gioca solo in Paradiso.
Per chi non lo sapesse, e cioè 99 lettori su 100: buona parte delle fortune della mia modesta carriera di giornalista sportivo le devo e sono legate a “90° Minuto”. Io sono nato nel 1954 e quando la trasmissione nacque, nel 1970, avevo 16 anni. Sono il terzo di cinque fratelli, tutti super appassionati di calcio, e per anni mi trovai a seguire il programma - all’epoca rivoluzionario: permetteva di vedere i gol e le azioni salienti delle partite di Serie A a meno di un’ora dalla loro conclusione - in compagnia di Gigi, Carlo, Stefano e Mario, appunto i miei quattro fratelli malati di pallone. Ebbene, fin da allora mi accorsi che vedere i gol era un’emozione, sì, ma nulla in confronto al divertimento e al godimento che scaturivano dell’assistere e dall’ascoltare le performances dialettiche degli inviati di “Novantesimo”, i mezzibusti di Valenti, che volenti o nolenti ci facevano immancabilmente scompisciare dalle risate.
Andavo al liceo e non ero ancora giornalista, a inizio anni 70, anche se sognavo già di diventarlo; ma mi rendevo conto che in tv la domenica c’era uno spettacolo nello spettacolo di cui nessuno si rendeva conto, ed erano gli assoli dei vari Necco e Carino, Bubba e Vasino che superavano in bellezza, a volte, le prodezze di Boninsegna e Bettega, di Careca e Van Basten. I miei fratelli ed io non solo divoravamo in quella mezzora magica le azioni dei gol, dei pali e delle parate miracolose; ma ridevamo come matti e impazzivamo - letteralmente- per i recital dei mezzibusti di mamma Rai fatti tassativamente a braccio, improvvisati, spontanei.
Successe che gli anni passarono. E io riuscii davvero a diventare giornalista sportivo. Iniziai la mia carriera al “Guerin Sportivo” diretto da Italo Cucci a San Lazzaro di Savona in provincia di Bologna, e nel 1981 mi trasferii allo sport de “Il Giorno”, diretto da Guglielmo Zucconi, a Milano. Dove per qualche anno scrissi di calcio e di ciclismo fino a che un giorno, era il 1984, a pochi giorni dall’inizio del campionato andai nell’ufficio dei miei superiori, il caposervizio Saverio Sardone e il vice caposervizio Franco Grigoletti e dissi loro: “Perchè quest’anno invece di inviarmi negli stadi non mi inviate davanti alla tv? Nessuno se n’è accorto e nessuno ne scrive, ma a “90° Minuto” si gioca ogni domenica un campionato nel campionato; e anche se nessuno ne parla ci sono fuoriclasse, nel loro genere, che valgono i Rummenigge e i Falcao, i Platini e i Boniek: e sono i mezzibusti di Paolo Valenti. Se vi fidate di me, e mi lasciate fare, nell’inserto sportivo del lunedì inauguriamo una pagina satirica che non ha nessuno e che diventerà la nostra cifra distintiva”.
Sardone e Grigoletti mi trovarono convincente e mi dissero di sì. E così nell’inserto sportivo de “Il Giorno”, un fiore all’occhiello del quotidiano fin dai tempi di Gianni Brera, apparve dalla prima di campionato un’intera pagina, “Domenica Splash”, che si occupava non del pallone in campo, ma del pallone in tv. Cominciai a riferire e a rendere conto delle performances, degli sfondoni e delle gaffes dei mezzibusti di “90° Minuto”; feci giocare loro un campionato nel campionato attribuendo voti e stilando regolari classifiche di rendimento (all’incontrario: il peggiore era il migliore, per capirci); e poichè in quegli anni andava di moda il “Telegatto”, e cioè il premio che “Sorrisi & Canzoni TV” assegnava ogni anno ai migliori programmi televisivi italiani, io istituii il “Telecane” per premiare il miglior/peggior mezzobusto della più popolare trasmissione sportiva (e non solo sportiva) italiana.
Detto senza falsa modestia: la pagina ebbe un successo memorabile. Da tutta Italia cominciarono ad arrivare lettere di appassionati di calcio o di semplici utenti televisivi che peroravano la causa ora di Tonino Carino da Ascoli, ora di Giorgio Bubba da Genova, ora di Ferruccio Grad da Verona, ora di Marcello Giannini da Firenze e via dicendo. Lo scudetto-tv de “Il Giorno” conteso dai mezzibusti di Paolo Valenti divenne un’avventura condivisa, un campionato nel campionato. Ed ebbi così la conferma che quando anni prima, da adolescenti, i miei fratelli ed io perdevamo la testa e ridevamo a crepapelle ascoltando e vedendo le prodezze dei mezzibusti Rai, la stessa cosa succedeva in tutte le case degli italiani. Vasino era famoso come Gullit. Necco come Maradona. Bubba come Vialli. Castellotti come Platini. E Tonino Carino era più famoso di Rozzi, Mazzone e di tutti i giocatori dell’Ascoli messi assieme.
Questo faro acceso e puntato sul “calcio in televisione” (su calcio & televisione) di cui nessuno fino a quel momento parlava ebbe effetti dirompenti. Tutti si accorsero che c’era una miniera d’oro di cui si era ignorata l’esistenza: e il calcio in tv incominciò a diventare, e ad essere, un filone da cui attingere. E non so se questo c’entri oppure no, ma nell’autunno del 1988 squillò il mio telefono, un giorno al “Giorno”: ed era Mediaset che chiedeva di incontrarmi. Andai. Mi dissero che avevano intenzione di inaugurare nuovi programmi di calcio su Italia 1 e avevano pensato a me come ideatore e curatore di questi nuovi programmi. Ci pensai un po’: poi dissi di sì. E a Mediaset, per la cronaca, ho trascorso poi una trentina di anni. Forse, anche per merito di “90° Minuto”.
Ancora: sono diventato giornalista professionista il 30 maggio 1981 (la mia tessera è la numero 068421). Quando mi presentai all’esame orale, a Roma, dopo il buon esito dello scritto, a interrogarmi come presidente di commissione trovai Paolo Valenti. Che mise la firma al mio passaggio a giornalista professionista.
P.S. Nei prossimi giorni, tratti dagli inserti de “Il Giorno” di quegli anni e dal mio libro “La Tribù del Pallone: quando il calcio è tutto da ridere”, scritto per Limina nel 2005, scriverò per i miei abbonati a pagamento una serie di articoli dedicati ai grandi eroi, uno per uno, del leggendario “90° Minuto” firmato Paolo Valenti. Come diceva Roy Batty in Blade Runner: “Ho visto (e sentito) cose che voi umani nemmeno potreste immaginarvi”.
90° era un appuntamento immancabile per i personaggi che lo animavano parlando del "pallone" domenicale tra il serio e faceto senza mai trascendere verbalmente; altri tempi altri uomini/giornalisti di cui oggi se ne sente la mancanza.
Mamma mia quanti ricordi hai fatto riemergere caro Paolo...
In effetti erano protagonisti essi stessi della Domenica sportiva (ancora si giocavano tutte le partite alle 15 in questo giorno... sigh!) e non potevi immaginare il calcio senza 90° minuto.
Grazie per questa "lettura" diversa di una trasmissione "cult" a tutti gli effetti.