Gli americani del Milan e quelli dell'Atalanta: l'imbarazzante confronto tra la gestione illuminata del club di Bergamo e quella rovinosa di Cardinale e dei suoi burattini
Da una parte Pagliuca che delega l'intera gestione del club a Percassi, Gasperini & company; dall'altra Red Bird che allontana Maldini e mette il Milan nelle mani di una mummia, uno yuppie e un clown
Oggi in Champions due squadre italiane sono chiamate a un impegno sostanzialmente simile: alle 18:45 il Milan sarà di scena sul campo dello Slovan Bratislava che in classifica (la classifica Champions) è 36° e ultimo a zero punti; e alle 21 l’Atalanta scenderà in campo a Berna contro lo Young Boys che in classifica è 34° e terzultimo anch’esso a quota zero. In linea di massima, due partite che Milan e Atalanta dovrebbero riuscire a vincere senza particolari patemi. Ma più che delle partite, è dei due club che m’interessa parlare oggi mettendoli a confronto. Uno, il Milan, dal blasone glorioso: dopo il Real Madrid è il club europeo ad aver vinto il maggior numero di Champions/Coppe dei Campioni (7) e per dare un’idea di cosa significhi il suo nome nell’immaginario collettivo mondiale, basti dire che nel 2007 la rivista inglese “World Soccer” elesse il Milan di Sacchi la squadra di club più forte di tutti i tempi. L’altro, l’Atalanta, un club di provincia che in 117 anni di storia ha vinto solo una Coppa Italia (1962-63), ma che il 22 maggio scorso a Dublino ha compiuto l’impresa della vita conquistando l’Europa League ai danni del Bayer Leverkusen sconfitto in finale 3-0. Da una parte il gigante Gulliver (il Milan), dall’altra uno dei tanti lillipuziani (l’Atalanta). Così almeno era fino a ieri. Invece, come diceva il poeta, c’è qualcosa di nuovo oggi nel sole. La novità è che Milan e Atalanta oggi si sono scambiati le parti in commedia: Gulliver è l’Atalanta mentre il Milan sta indossando i panni del piccolo e anonimo lillipuziano. Come un cambiamento del genere sia potuto avvenire, oltretutto nel giro di pochi anni, non si sa: e però è successo.
Il Milan, lo sapete, è diventato da qualche anno di proprietà americana: prima del fondo Elliott, oggi del fondo Red Bird (con Elliott sempre incombente) che fa capo a Gerry Cardinale. Ma anche l’Atalanta è diventata americana: è successo nel febbraio di due anni fa, nel 2022, quando Stephen Gerard Pagliuca, newyorkese, co-presidente di Bain Capital e comproprietario dei Boston Celtics (NBA), ha acquistato il 55 % del club per una cifra di poco superiore ai 400 milioni. Per capirci: Gerry Cardinale aveva acquistato Gulliver, Stephen Pagliuca il regno di Lilliput. Dopodiché sono bastate due stagioni per determinare il totale cambio di scena: oggi Gulliver non è più il Milan, è l’Atalanta.
Ma cos’ha fatto di così portentoso Stephen Pagliuca per cambiare in questo modo il rapporto di forze col Milan? Niente di particolarmente geniale: ha usato la testa. Ha studiato la storia dell’Atalanta; ha visto che chi la gestiva (la famiglia Percassi) stava lavorando bene; ha preso atto che dal 2017-18 la Dea era assurta a solida realtà internazionale qualificandosi prima all’Europa League, poi più sistematicamente alla Champions; ha notato che i bilanci del club erano floridi grazie alla valorizzazione continua di giocatori comprati a poco e rivenduti a tanto; e ha così deciso di comprare il 55 % del club e di diventarne presidente ma con l’intesa che Antonio Percassi rimanesse co-presidente e che nulla cambiasse a livello di management e di strategia societaria. Percassi avrebbe continuato a fare, coi suoi collaboratori e col suo allenatore, quello che così bene da tanti anni stava facendo. “Questi sono bravi - si è detto Pagliuca -: e chi sono io, che tuttalpiù m’intendo di basket, per mettere becco in cose di calcio, per di più di calcio italiano?”.
Mente Stephen Gerard Pagliuca decideva le sue mosse, cosa faceva nel frattempo Gerry Cardinale? Il proprietario di Red Bird cominciava col mostrare subito un sostanziale disinteresse verso la storia e il “significato” dell’A.C. Milan. Trovava noioso scorrere gli Albi d’Oro e fare un salto in sala trofei, e più interessante andare a studiare col lanternino i bilanci; giudicava che chi stava gestendo la parte sportiva (Paolo Maldini) lo stava facendo in modo molto poco ecumenico (molto poco “americano”) e la cosa non gli andava a genio; così lo metteva alla porta; sistemava nella stanza dei bottoni uno yuppie bocconiano, Giorgio Aronne Furlani; prelevava dal Museo delle Cere il presidente di rappresentanza Paolo Scaroni; precettava dal Circo Medrano il clown Ibrahimovic che tanto divertiva il pubblico raccontando in giro di essere Dio; dopodiché chiamava tutti a sè e diceva ragazzi, ora vi spiego cosa dobbiamo fare dell’AC Milan: anche se non so nemmeno com’è fatto un pallone, le regole dell’enterteinement le conosco: prendo un clown, uno yuppie e una mummia e il gioco è fatto. E se sento dire che il Milan meriterebbe più attenzione essendo da sempre un colosso non solo del calcio italiano ma europeo e mondiale, lascio che dicano: la parola d’ordine è trattarlo come se fosse il Rennes. O il Villareal. O il Mainz. O il Vitesse.
E succede così che oggi, martedì 26 novembre dell’anno di grazia 2024, Milan e Atalanta vadano contestualmente in scena sul massimo palcoscenico europeo, quello della nuova Champions. L’Atalanta, che in classifica è nona, ha la possibilità vincendo in casa Young Boys di catapultarsi già stasera tra le prime 8 del lotto (il che vorrebbe dire, a regime, ottavi di finale conquistati senza bisogno di passare per i playoff); il Milan, che in classifica è 20°, culla a sua volta la speranza di riuscire a farlo. Anche se deve risalire qualcosa come 13 posizioni, davanti a sè ha un buon calendario: Slovan Bratislava, Stella Rossa, Girona e Dinamo Zagabria sembrano tutti, chi più chi meno, avversari abbordabili.
E però attenzione. Perchè - narrano le cronache - sembrava un avversario non impossibile anche il Torino, alla prima di campionato, eppure al 90’ il Torino stava vincendo 2-0 a San Siro e solo per grazia ricevuta il Milan era riuscito a strappare un rocambolesco pareggio nel recupero; sembrava un rivale facile il Parma alla 2^ giornata, eppure il Parma aveva dato al Milan una bambola memorabile e l’aveva rispedito a casa con 2 gol nel sacco; sembrava un ostacolo superabile la Fiorentina alla 7^, invece la Fiorentina aveva fatto come il Parma, rumba continua, 2 pappine e Milan a casa con zero punti in saccoccia; sembrava un ghiotto boccone il Monza all’11^, e invece se non ci fosse stato un arbitro da camicia di forza il Milan non solo non avrebbe vinto, ma avrebbe probabilmente perso; e sembrava una passeggiata di salute anche la gita a Cagliari alla 12^, e invece il Cagliari fin dal pronti-via aveva ridotto il Milan a orso del Luna Park prendendolo a pallate manco fosse l’Ajax di Cruijff, Neeskens, Rep e Rensenbrink: invece era il Cagliari di Zappa e Zortea.
Venendo a oggi, martedì 26 novembre 2024, mentre il Milan si ritrova a dover rimpiangere nonno Giroud che come centravanti (e come leader) valeva e vale da solo Morata, Abraham e Jovic messi assieme, l’Atalanta - dopo aver perso Scamacca per un grave infortunio - si permette di sfoggiare un Retegui capocannoniere del campionato, acquistato per 20,9 milioni dal Genoa senza battere ciglio per ovviare all’emergenza. Mentre il Milan attende per il sesto anno (sono duemila giorni) l’esplosione di Leao, l’uomo più aspettato al mondo dopo Godot, con i tifosi che una volta al mese saltano sulla sedia per una sua scorribanda palla al piede dopodiché si accontentano di vedere un fantasma passare la stagione ciondolando in campo, l’Atalanta sfodera Lookman che in finale di Europa League ha segnato 3 gol, che ad oggi ha firmato 7 gol in Serie A e 2 in Champions contro i 3 + 0 di Leao (!) senza contare gli assist, che gioca col sangue agli occhi e assalta le difese con una ferocia e una spietatezza che il principe Rafa si sogna: eppure quello bravo è considerato Leao che in confronto a Lookman è l’inefficacia e l’inessenzialità fatte giocatore. Mentre il Milan ha l’annoso problema del ruolo di terzino destro lasciato vacante dal titolare uscente Calabria, e lo risolve andando a scovare l’unico terzino destro d’Europa più scarso di Calabria, Emerson Royal, pagandolo venti milioni (i soldi di Retegui), l’Atalanta rinforza la sua fascia destra andando da Cairo, comprando Bellanova a 22 milioni e mettendo a disposizione di Gasperini una batteria di esterni di destra non di fenomeni (Zappacosta + Bellanova) ma che paragonati a Emerson + Calabria sono Simon & Garfunkel a confronto dei Jalisse. Mentre il Milan ha un jolly di difesa giovane e bravo come Kalulu di cui, dicono, non sa che farsene e lo regala alla Juventus visto che dal Salisburgo è arrivato per 18 milioni più 2 di bonus Pavlovic (salvo scoprire poi che Pavlovic è un mezzo pacco e non vale Gabbia, non vale Tomori, non vale Thiaw e a Kalulu può solo legare le scarpe), l’Atalanta, che a gennaio aveva già acquistato dal Verona l’eccellente Hien per 8 milioni (il Milan aveva scommesso invece su Terracciano), per rafforzare ulteriormente la sua batteria di centrali investe 5 milioni per il prestito di Koussonou, 23enne ex Leverkusen di ottime prospettive: con diritto di riscatto fissato a 25 milioni che il ragazzo, a differenza di Pavlovic, se non altro vale. E mentre Charles De Ketelaere, che al Milan era trattato come lo scemo del villaggio (zero gol e un assist in un’intera stagione) dopo essere stato pagato 35 milioni al Bruges, una volta passato all’Atalanta si è imposto come uno dei migliori giocatori della Serie A, il brutto anatroccolo diventato cigno: in una stagione e mezzo ha messo la firma su 14 gol (12 in campionato, 2 in Europa League) e servito 11 assist ai compagni inanellando una serie di partite sopraffine con un apporto tecnico non distante da quello che assicurava alla Dea l’Ilicic dei tempi d’oro.
E insomma, c’era una volta il Milan delle 7 Coppe dei Campioni, di Rivera, degli altri Palloni d’Oro olandesi, francesi, liberiani e dei giganti in panchina come Rocco, Sacchi, Ancelotti; e c’era una volta l’Atalanta, la squadra provinciale che si barcamenava alla meno peggio facendo su e giù tra Serie A e Serie B e che nessuno in Europa conosceva. Ebbene: oggi l’Atalanta è un’eccellenza con la E maiuscola, modello di gestione societaria e modello di conduzione tecnico-sportiva. Ha una proprietà illuminata, una dirigenza competente, un allenatore innovatore, una squadra-gioiello che gioca a memoria e dà spettacolo. A fronte di ciò, il Milan che per decenni ha abitato nell’Olimpo del pallone è stato oggi scientificamente disintegrato, trasformato da una proprietà scellerata in un’Armata Brancaleone a livello dirigenziale e in un’accozzaglia di mediocri pedatori mandati in campo alla viva il parroco. Da una parte chi è del mestiere: i dirigenti dell’Atalanta. Dall’altra chi non lo è: i dilettanti allo sbaraglio di Casa Milan.
Dopo cento giorni di partite giocate sull’Ottovolante, ogni tanto indovinandone una (Inter, Real Madrid e poi stop) ma con la squadra fuori dalla lotta scudetto già a ottobre, non c’è nessuno al Milan che senta oggi il dovere - e mostri l’educazione - di presentarsi davanti a un microfono per spiegare e chiarire ai milioni di tifosi se il Milan sta andando bene oppure male, se i programmi e gli obiettivi sono rispettati oppure no, se la squadra è coesa oppure si sta sfasciando e rotola pericolosamente verso l’Europa League o la Conference League, se si qualificherà - suo obiettivo minimo - alla Champions del prossimo anno, senza i cui proventi sarebbe la catastrofe, oppure se sta miseramente fallendo la missione. Al Milan fingono che nulla di grave stia accadendo. Garantiscono la mummia, lo yuppie e il clown.
Ripensandoci, si stava meglio ai tempi di Piotti, Canuti, Verza, Jordan e Incocciati. In Serie B. Ma con Baresi. E con Giussy Farina che pur con le pezze al culo il capitano non lo cedeva. E la voglia di risalire. Di ricostruire. Di tornare a essere il Milan. Non il Rennes.
...se si toglie il nome AC Milan e lo sostituisce con il nome AS Roma...l'articolo è perfetto lo stesso! E lo dico con enorme dolore e rabbia...
E' anche la differenza che c'è dove una proprietà è ben definita e fatta da un finanziatore ed uno che sa come muoversi, ed un'altra dove c'è un proprietario che dipende da un finanziatore e deve far sì che il finanziamento ricevuto venga ripagato, a costo di non ottenere risultati. Ma per quest'ultima conta di più "l'uomo immagine" che il risultato.