Lo scandalo di cui nessuno parlò: il patteggiamento da 718 mila euro FIGC-Juventus che la recidiva (condanna di Madama nel processo plusvalenze) rendeva impossibile. Invece successe che...
Nel giugno 2023 la Juve doveva rispondere di ben 4 illeciti per violazione dell'art. 4: lo stesso per cui era già stata condannata (plusvalenze). E la recidiva vietava ogni possibile patteggiamento
La richiesta di patteggiamento fatta alla Procura di Roma dagli avvocati della Juventus (e quindi di Agnelli, Paratici, Nedved e degli altri dirigenti interessati) per sottrarsi al processo dell’inchiesta Prisma e mettere la parola fine al più grande scandalo calcistico italiano dopo Calciopoli, guarda caso sempre con la Juventus protagonista, riporta l’attenzione sulla natura di questo particolare procedimento del diritto penale italiano, per l’appunto il patteggiamento. Con il patteggiamento, o “applicazione della pena su richiesta delle parti”, l’imputato e il pubblico ministero concordano una pena che il giudice ha poi la facoltà di ridurre fino a un terzo. L’accordo, oltre allo sconto di pena per l’imputato, consente una definizione anticipata del processo evitando le lungaggini del dibattimento.
Così come nel diritto penale, l’istituto del patteggiamento è previsto anche nel diritto sportivo. Negli ultimi tempi lo abbiamo visto usare spesso e nei contesti più disparati: a partire dall’inciucio FIGC-Juventus (30 maggio 2023) che in cambio del pagamento di una multa di 718 mila euro ha consentito al club bianconero di sottrarsi al maxi processo in cui avrebbe dovuto rispondere di 4 gravi e diversi illeciti e scampare a una retrocessione che appariva certa; e poi ancora nel caso dei giocatori della nazionale Fagioli e Tonali implicati nello scandalo delle scommesse; nel caso della bestemmia pronunciata dal capitano dell’Inter Lautaro Martinez; nel caso dei rapporti indebiti intrattenuti con tifosi malavitosi da Simone Inzaghi e Hakan Calhanoglu dell’Inter e via elencando.
Essendo la giustizia sportiva italiana una barzelletta, al patteggiamento ormai ricorrono tutti: puoi aver commesso la più orribile delle nefandezze, ma se hai il brand giusto - per dirla alla Gravina - puoi star sicuro che te la caverai con un buffetto. C’è una cosa però che non tutti sanno; e cioè che non sempre il ricorso al patteggiamento è consentito. Il primo caso di divieto citato dal Codice di Giustizia Sportiva è quello della “recidiva”: se l'incolpato ha già commesso una violazione dello stesso tipo di quella che gli viene ora contestata, nessun patteggiamento è permesso. Se sei accusato di avere rubato mele e pere e chiedi il patteggiamento, non lo puoi avere in passato sei già stato indagato, processato e condannato per aver rubato mele e pere. C’è la recidiva. Chiaro e semplice no?
Ebbene, sapete cosa successe due anni fa quando Juventus e Procura FIGC si accordarono per il patteggiamento della vergogna, quello della multa da 718 mila euro che cancellava anni di illeciti commessi dal club bianconero, illeciti provati al di là di ogni ragionevole dubbio? Successe che il patteggiamento non avrebbe nemmeno dovuto essere discusso dalla Procura federale: proprio per via dell’impedimento della recidiva. Qualche mese prima la Juventus era infatti stata deferita, processata e condannata in via definitiva, nel processo plusvalenze, per violazione dell’articolo 4; lo stesso articolo per la cui violazione la Juventus era stata adesso deferita dalla Procura FIGC per rispondere di ben quattro illeciti, la manovra-stipendi 1, la manovra-stipendi 2, i club amici e gli agenti collusi. La Juventus aveva già commesso violazioni simili (era addirittura stata giudicata e condannata in via definitiva): ergo, nessun patteggiamento era possibile.
E però sapete che se c’è uno “straordinario brand” da salvare il presidente FIGC Gravina non guarda in faccia a nessuno: figurarsi al regolamento.
Il procuratore Chinè, così, benedetto dall’alto, dopo aver discusso - si fa per dire - con i legali della Juventus aveva detto sì a un patteggiamento che in cambio di una risibile multa avrebbe sottratto il club bianconero al maxi processo; dopodiché aveva bussato alla porta della Procura Generale del CONI per ottenerne l’approvazione. Incredibile ma vero, la Procura aveva rispedito al mittente in malo modo sia Chinè che la Vecchia Signora: la Juventus deve rispondere oggi di violazione dell’articolo 4, aveva detto, che è lo stesso articolo per la cui violazione è stata processata e condannata pochi mesi fa nel processo plusvalenze. C’è la recidiva. E nessun patteggiamento è permesso.
La FIGC però non è che la fai fessa con così poco. E così, dopo ripetuti summit tenutisi nottetempo nel Palazzo di Sua Eminenza Gabriele Gravina, tomo tomo, cacchio cacchio - come avrebbe detto Totò - ecco il procuratore Chinè presentarsi una mattina, a braccetto degli avvocati della Juventus, alla porta del Tribunale Federale Nazionale nelle cui aule si sarebbe dovuto svolgere, di lì a poco, il maxi processo a carico di Madama. “Avremmo concordato un patteggiamento - dice Chinè a chi gli apre la porta, e cioè al Presidente del Tribunale Carlo Sica -, sarebbe così gentile da leggerlo e approvarlo?”.
“Volentieri”, risponde Sica. Che lo trova perfetto e lo firma e lo controfirma mandando a monte (anzi, a morte) il maxi processo che avrebbe mandato la Juventus, in caso di clemenza dei giudici, in Serie B, altrimenti in D. La recidiva? E che sarà mai! I regolamenti? Non pervenuti. La congruità della pena? Bazzecole, quisquilie, pinzillacchere, per dirla sempre alla Totò.
Cinque mesi dopo, l’1 novembre 2023, in un articolo scritto per il mio account “Palla Avvelenata” e intitolato: “Tutti i "figli di" che Gravina ha assunto in FIGC: Giorgetti, Tajani e anche Sica, il giudice che benedisse il patteggiamento-Juve”, tra le altre cose avevo raccontato:
“… d’altronde un posto di lavoro a un "figlio eccellente” Gravina non lo ha mai negato a nessuno. Non l’ha negato a politici, non agli amici o a tutti coloro che hanno dimostrato nei fatti di esserlo. Prendete Carlo Sica, già avvocato Generale Aggiunto dello Stato, l’uomo che il 30 maggio scorso, nelle vesti di presidente del Tribunale Federale Nazionale della FIGC, non ha esitato a dare il suo benestare - e benedire come valido - il patteggiamento concordato tra Procura FIGC e Juventus, accordo che ha consentito al club bianconero, in cambio di una multa di 718 mila euro, di sottrarsi a un processo per una serie infinita di illeciti commessi e provati al di là di ogni ragionevole dubbio, processo che avrebbe determinato la retrocessione della Juventus in B o in C (si pensi che per il solo illecito delle plusvalenze Madama aveva ricevuto 10 punti di penalizzazione in Italia e sarebbe poi stata cacciata a livello europeo da tutte le coppe).
Nonostante il patteggiamento a termini di regolamento non potesse nemmeno essere proposto per l’impedimento imposto dalla recidiva (la Juventus era già stata deferita, processata e condannata per violazione dell’articolo 4, lo stesso articolo contestatole per tutti gli illeciti per cui era stata mandata a processo nel procedimento denominato “manovre stipendi”), e nonostante la sanzione concordata fra le parti, FIGC e Juventus, apparisse del tutto incongrua e inadeguata a fronte della gravità, della ripetitività e della pervasività dei reati compiuti da Agnelli e company, il presidente del Tribunale Federale Sica decideva che per lui non di inciucio si trattava: “ll Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare, presieduto da Carlo Sica, dato atto delle proposte di accordo depositate, visto l’art. 127 CGS, le dichiara efficaci”. Questo recita il comunicato di quello che può essere definito lo scandalo degli scandali della storia del calcio italiano. Come si dice in questi casi: “pagare moneta (leggi: multa ridicola) vedere cammello (leggi condono tombale)”.
E dunque, come negare al presidente del Tribunale Federale Sica l’assunzione di un figlio in FIGC? Non si può. E allora, ecco Emanuele Sica, figlio di Carlo Sica, che il presidente Gravina assume al Club Italia, novello Sarchiapone dell’era moderna, con contratto che a tempo di record passa da tempo determinato a tempo indeterminato. Nei secoli dei secoli, fino alla pensione, con gratitudine e riconoscenza. Amen”.
La favola di “Madama nel Paese dei Patteggiamenti” vi è piaciuta? A me moltissimo.
Peccato non sia una favola.
Da sempre la Mafia Gobba delinque, truffa, avvelena e ruba.
Ora che e' diventata dominante si permette anche di far ignorare le regole ai suoi picciotti profondamente annidati nel Sistema.
E, come sempre, tutto avviene sotto gli occhi di tutti e nel SILENZIO di tutti.
La paura di perdere le briciole che la Cupola ogni tanto distribuisce rende complici anche le vittime.
Esattamente come nei territori dove comandano mafia e n'drangheta, dove nemmeno lo Stato osa avventurarsi.
Business is Business nel Campionato piu' corrotto d'Europa.
Sempre GRAZIE a Paolo, unico giornalista con il coraggio della denuncia!
P.S. si pregano i lemmings bianconeri, disagiati neuronali con irrisolti complessi di inferiorita', di rivolgersi al dr. Unobravo, per tentare di risolvere i loro problemi mentali e tornare a vivere una vita vera e libera, invece di fare i guardoni su pagine che non capiscono, ruttando insulti e colossali scemenze. Non e' facile, ma ce la potete fare...anche quelli come voi....
Caro Paolo, se siamo abbonati alla tua "voce" significa che il tuo pensiero è il nostro. Detto questo.
Il capomandamento di Castel di Sangro e i suoi compagni di merenda strisciati della triplice del nord ovest, se tutto va bene, nei prossimi anni, la pagheranno sul campo. I brand di riferimento italiani non li stabilisce più un triunvirato nelle stanze dei bottoni o a casa della mamma di Andrea Agnelli.
I brand italiani del calcio usciranno dal rettangolo di gioco con i risultati di società che oltre ad avere i conti in ordine iniziano a vincere anche i trofei.
Napoli, Atalanta, Como e Bologna, per il prossimo quinquennio, saranno protagoniste assolute.